4/18/2011

Salone del mobile 2011, Premio miglior prodotto

Weaver, di Konstantin Grcic, per Vitra.
Cinghie, tessuto e struttura in tubolare d’acciaio rendono la poltrona leggera, comoda e facile da spostare. Guardando Weaver è immediata l’associazione con le attrezzature usate per il parapendio o il windsurf. 
(Una curiosità: ma che significa quel grosso tombino del gas in mezzo al pavimento dello stand?)



Salone del mobile 2011, Premio miglior installazione fuorisalone


Il premio per la migliore installazione del fuoriSalone 2011 è vinto da Mini con la seguente motivazione:
"L'installazione Mini Family getta l'automobile in aria uscendo, sia in senso materiale che figurato, dall'enorme massa di segni e prodotti che riempiono lo spazio di via Tortona. Lo sforzo tecnologico è risolto con eleganza con un riferimento indiretto al design navale. L'installazione mescola in modo appropriato gli elementi di eleganza, tecnologica e immaginario Pop che caratterizzano l'immagine della Mini".


Salone del mobile 2011, Premio miglior stand

Il premio per il miglior stand del Salone del mobile 2011 è vinto da Kartell con la seguente motivazione:
"Finalmente abbandonata la scatolona bianca, che è il marchio di riconoscimento dei mobilieri italiani, per realizzare una serie di installazioni libere nello spazio con grande effetto spettacolare. Di particolare interesse il riferimento alla Pop e Street culture americana, con l'uso dei neon, mescolato al riferimento Arte povera dei basamenti in legno grezzo. Interessante anche l'idea di un rapporto diretto con la dimensione e la struttura del padiglione fieristico".


4/16/2011

La casalinga di Voghera fa una proposta ad Abitare

Perché non costruire, con la stessa serietà con cui avete costruito i Being Renzopiano, Normanfoster, Zahahadid eccetera, anche un "Being Daniela Fastoso" che approfondisca tutti gli aspetti del suo essere architetto?
Dopo aver visto l'omaggio a Zaha Hadid, faccio una proposta al direttore e alla redazione di "Abitare":
Amo le archistar e il loro indubbio talento, ma perché non vi occupate anche un po' di chi tira la carretta senza troppi grilli per la testa?
Perché non torniamo per un attimo al neorealismo, con tutti i ladri di biciclette che ci sono in giro?

E la casalinga di Voghera, che dice, che pensa, che fa? (non sarà che si è un po' rotta le scatole di tanto trionfalismo?)
Se posso permettermi, vorrei indicarvi la grande offerta al ribasso della collega arch. Daniela Fastoso, segnalata da Emanuele Jonathan Pilia del gruppo facebook Niba: "24 Euro invece di 500 per una consulenza dell'architetto Daniela Fastoso su come ripianificare la tua casa o il tuo ufficio".
Un'offerta che è ormai scaduta, con ben 27 operazioni, cioè consulenze architettoniche, andate a buon fine. Su questo link potete approfondire la sua offerta nel dettaglio.
(E mi auguro che l'arch. Fastoso non si offenda, non ho nessuna intenzione negativa, anzi, al contrario, ammiro la sua intraprendenza e sono lieto di farle pubblicità). 
Penso che sarebbe una grande occasione di raccontare il mestiere, il mercato del lavoro e il mondo dell'edilizia così come è per la maggior parte degli architetti italiani.
E penso anche che "Abitare" sarebbe proprio la rivista più adatta, forse l'unica che saprebbe fare questo lavoro sul campo con l'intelligenza, il rispetto e la curiosità che occorrono per restituire in modo critico uno spaccato della professione oggi nel nostro paese.


Architetto low cost: After Zaha Hadid / Being Daniela Fastoso

Il pomeriggio milanese organizzato da Abitare in onore di Zaha Hadid è stato commentato alla grande dai blogger di NibaNetwork Italiano dei Blog di Architettura. I commenti a oggi sono 144, una conversazione ripubblicata da Salvatore D'Agostino su Wilfing.
Sono emerse molte annotazioni interessanti ma il protagonista a sorpresa è stata Daniela Fastoso, architetta di Montecompatri (RM) più intraprendente di Zaha. Guarda sul sito Groupon.it la sua offerta imperdibile: consulenze di architettura on line con il 95% di sconto.

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24 Euro invece di 500 per una consulenza dell'architetto Daniela Fastoso su come ripianificare la tua casa o il tuo ufficio


Gli occhiali di Le Corbusier


Joshua Silver è un professore di fisica dell’università di Oxford che, nel corso di un paio di decenni di studi ed esperimenti, ha creato questo incredibile occhiale adattabile. In Inghilterra, secondo i dati forniti dal suo Centre for Vision in the Developing World, c’è un oculista ogni ottomila abitanti, in Ghana ne troviamo uno per ogni milione di abitanti e, in Mali, scendiamo a uno ogni otto milioni di abitanti. Di fronte a questa enorme massa di persone che non hanno accesso a un’assistenza adeguata, Silver si pone l’obiettivo di fornire i suoi occhiali, entro il 2020, a un miliardo di persone ed è convinto che il costo, che oggi è tra i 12 e 15 dollari, può essere compresso a 1 o 2 dollari. Gli occhiali di Silver, che assomigliano tanto al modello reso celebre da Le Corbusier, possono essere personalizzati in pochi minuti in modo intuitivo regolando, con un iniettore manuale, la quantità di silicone presente all’interno delle lenti fino a raggiungere la correzione desiderata, con un range di più o meno sei diottrie. Ed è molto importante il fatto che, in mancanza di specialisti, le persone stesse riescono a graduare le lenti con buona approssimazione come si è verificato nei test condotti in Ghana, dove il governo ha già ordinato centomila paia di occhiali, e in Sudafrica. 


Moduli nomadi, di Archinoma

Il futuro oggi appare diretto a gran velocità verso il recupero di emozioni, immagini e prestazioni che lo sviluppo industriale, con la sua necessità di standardizzazione, ha compresso e trascurato. In queste brevissime storie di innovazioni audaci ma semplici si trova forse l’embrione di uno sviluppo sostenibile soprattutto per noi, poveri umani intimoriti dall’alta tecnologia e sottomessi alle rigide leggi dell’economia. Non cè bisogno di nessuno strumento meccanico per trasportare e montare il kit di elementi che formano Y-Bio, moduli a tetraedro leggeri e robusti che, sulle spiagge della Crimea, si utilizzano per party e afterparty, chioschi per bar, sala da tè, massaggi e spa, barbecue. 


Le strutture mobili Y-Bio sono progettate dai giovani architetti russi del gruppo Archinoma guidati da Alix Shelest. La configurazione in queste immagini, allestita su una spiaggia del mar Nero, si può acquistare sul sito degli architetti per 30.000 euro.

4/14/2011

Rem Koolhaas a Torino

Architettura e democrazia
venerdì 15 aprile ore 18.30, Teatro Carignano, piazza Carignano 6, Torino
lectio magistralis di Rem Koolhaas
introduce Manfredo di Robilant
a cura di Biennale Democrazia

Le trasformazioni della globalizzazione hanno messo in crisi il repertorio di archetipi che ha definito la nostra nozione di città, fatta di strade, viali, piazze che nel loro insieme configurano lo spazio pubblico e sono espressione dell'esercizio democratico del potere. In Asia sono pensate e progettate dal nulla grandi megalopoli che smentiscono l'idea che la condizione di cives sia fondamentale per costruire una città. Qual è la relazione tra ordinamento politico e forma della città? Quali aspetti delle "nuove" città asiatiche hanno già penetrato le "nostre" città? Quale il ruolo dell'architettura di fronte alla crisi dello spazio pubblico?

Rem Koolhaas fonda OMA (Office for Metropolitan Architecture) nel 1975 con Elia e Zoe Zenghelis e Madelon Vriesendorp. Koolhaas è oggi riconosciuto come uno dei più importanti architetti al mondo, acclamato non solo per i suoi edifici pionieristici, ma anche per i suoi libri, le mostre, l'attività didattica e vari progetti nel campo dei media, della sociologia, della moda e della tecnologia attraverso OMA's think tank, AMO. Rem Koolhaas e OMA hanno ricevuto numerosi premi internazionali, tra cui il Pritzker Architecture Prize (2000), la RIBA Gold Medal (2004) e il Leone d'Oro per la 12° Mostra Internazionale di Architettura di Venezia (2010). Nel 2005 Koolhaas ha ricevuto il Premio Mies van der Rohe per il progetto dell'ambasciata olandese a Berlino e nel 2001 è stato insignito della Legione d'Onore francese.


4/11/2011

Architettura giapponese a Milano

Junya Ishigami al Politecnico di Milano










ARCHITECTURE AS A PIECE OF NATURE è il titolo della conferenza a tre voci che questa mattina Junya Ishigami (nella foto), Sou Fujimoto e Akihisa Hirata hanno tenuto nell'aula Rogers della facoltà di architettura e società a Milano.
Presentati da Cino Zucchi, autore di una raffinata introduzione sulla perdita di significato, nell'epoca di internet, delle identità nazionali, e sul senso immaginato, tradotto, modificato e reinventato di parole e spazi perduti e ritrovati, e da Luca Molinari.
Di particolare evidenza l'architettura concettuale di Ishigami. Fragilissima, ai limiti del paradosso, quasi invisibile, geniale nel circoscrivere e risolvere problemi che appartengono all'essenza dell'architettura. Ironico e rivelatore il video che descrive i percorsi delle persone nei laboratori di Kanagawa. Su youtube ne trovate un altro che non è allo stesso livello ma, comunque, merita un'occhiata.
Sala piena e pubblico attentissimo e partecipe. L'immersione totale nelle questioni di architettura ha tenuto lontano, forse giustamente, la tragedia umanitaria che il Giappone sta attraversando.


Junya Ishigami, tavolo in alluminio lungo 9,5 m, 2,5 di larghezza e 1,10 di altezza. Lo spessore del piano e dei sostegni laterali è di 3mm
Because of its dramatic spread the only 3mm thick table top for the installation "Table", which was initially created in 2005 for a gallery in Tokyo and was later to be seen in a different form at Art Basle, seems to float. It is as delicate as a sheet of paper, so thin that it begins to vibrate when touched. Ishigami regards the frequency of this vibration, the almost imperceptible wave movement of the table top, as the visual transition from solid to liquid. The table top is transformed into an area of water bearing countless small objects which swim on it like island-shaped landscapes. The arrangement of these landscapes is by no means random because a precise plan determines the position of the objects on a grid and places them in relation to one another.
As Junya Ishigami expresses it: "I built this extremely large table as I would a small building. There it is in the room, as if it were the most ordinary thing, a table in a normally impossible scale. On top, an assortment of everyday still objects are arranged as if to form a landscape. You can touch, and watch a slow undulation like a wave in a body of water. It is like liquid." (from Architonic)
Junya Ishigami, Kanagawa Pavilion


"The forest comprises 305 slender steel 5m-high columns, irregularly orientated and distributed throughout the space, while the field from which they rise is a distorted square bed of concrete, 47m by 46m, slightly raised above the surrounding bitumen. A flat roof caps the space with linear roof lights, and a frameless glass perimeter seals it. The architecture ends there; its animation then takes over with furniture, pot plants and people". (from archiDE)

Domus rinasce in via Tortona

All'ora di pranzo di venerdì 8 aprile Joseph Grima, 
preceduto e introdotto dall'editore dott.ssa Mazzocchi, ha presentato il suo primo numero della nuova serie di "Domus". Pubblico folto, qualche giovane, creativi e manager del settore (architettura, design, comunicazione) giovani promesse e vecchie glorie. Molti commenti sussurrati, in sala, generalmente positivi, sia sul magazine "Molto international... più web che carta... sofisticato e anche letterario... molto newyork... ma piacerà agli inserzionisti?... ma l'architettura e il design ci sono ancora?" che sul direttore "Come è giovane, però bravo!... ma è italiano?... e gli architetti vestono  ancora in nero?... ha già grande esperienza e ha l'aria molto in gamba".

"Per il suo debutto ai Saloni 2011 la nuova Domus apre in via Tortona 31 un nuovo spazio appositamente concepito – Domus Urban Future – che sarà uno studio di trasmissione e un polo di dibattito e di intervento. Con una troupe televisiva stabile Domus registrerà e fotograferà proposte e innovazioni del mondo del design presentate sia in fiera sia in città. Una speciale interfaccia video – ideata e realizzata dallo studio dotdotdot – permetterà proiezioni su una parete lunga 28 metri, creando un flusso continuo di immagini continuamente aggiornate, presentate praticamente in tempo reale. Ogni giorno Domus Urban Futures ospiterà anche i più importanti designer, architetti e critici per discutere dei cambiamenti in atto, degli scenari futuri e delle questioni importanti per il mondo del design." (da Domusweb)

4/09/2011

Zones of Exclusion. Shining 01: Rosa Barba / They Shine



They Shine, 2007, reflects urban myths and personal hypotheses. From outside a perimeter fence we see a choreography of thousands moving solar panel mirrors slowly revolve, reflecting their surroundings- they occupy the whole of the frame. Here the presentation with the looped 35mm projector is holding against this militaristic science fiction.





The film is part of Rosa Barba’s trilogy of the Mojave Desert, which occupies an area of 22,000 square miles, covering parts of southern California, Utah, Arizona and Nevada in the United States. In They Shine, the artist depicts a landscape shaped by man’s attempts to capture the desert heat. The desert, which was previously used for military purposes, today houses one of the world’s largest solar power plants.

See the exhibition at the Tate Modern here.

4/08/2011

Victory Gardens, guerra allo spreco


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di Nogara

Non siamo in tempo di guerra, sebbene talvolta possa sembrarlo… infiniti articoli sul “credit crunch”, riduzione e aumento vertiginoso dei prezzi del cibo, stanno sollevando una certa ansietà.
Durante la seconda guerra mondiale i britannici crearono i cosiddetti Victory Gardens nelle piazze e nei parchi in tutto il paese. Coltivavano il loro cibo personale in spazi molto stretti e compressi, come risposta alla carenza di cibo dovuta alle restrizioni sull’importazione in tempo di guerra.
L'idea di mangiare cibi di stagione coltivati localmente e biologicamente vale anche per noi, oggi. E nel cuore dello storico St James’s Park è stato creato, da Dig for Victory, un allotment garden per riportare alla memoria il profumo di quei tempi e incoraggiare la gente ad abbracciare l’idea di coltivare per se stessi. Per il secondo anno consecutivo, è stato creato un piccolo allotment garden nello spirito di quelli coltivati in guerra, con un approccio completamente biologico e con l’intento di creare un raccolto con i più alti valori nutritivi.
Era fatto uso di scarti domestici, come contenitori delle uova, rotoli di carta igienica o cornici di vecchie finestre usate come ripari contro il freddo. Tende di rete offrivano protezione dagli uccelli e dal sole deflettendo i raggi lontano dalle piante. Nel 1945 nel Regno Unito venivano coltivati 1.5 milioni di allotments sopperendo al 10% della richiesta di cibo. Per l’approvvigionamento di carne le comunità erano incoraggiate ad allevare il proprio bestiame con l’opportunità di associarsi al club del maiale o del coniglio.
Il riciclaggio nacque come necessità. Con il cambiamento del mondo in cui viviamo, sembra allo stesso modo tornare ad essere un’esigenza.


4/01/2011

Ballard: Everything Is Becoming Science Fiction


“Everything is becoming science fiction. From the margins of an almost invisible literature has sprung the intact reality of the 20th century.” J.G. Ballard