Eleonora Baggio Compagnucci
Una conversazione informale con Alessandro Rocca a proposito del lavoro di Alterazioni Video sull'Incompiuto siciliano
D: Il tema dell’incompiuto può essere affrontato da molteplici punti di vista: urbanistico, normativo, paesaggistico, storico e quindi il primo tema che vorrei affrontare con lei è quello delle rovine contemporanee. Decidere di creare un parco archeologico dell’incompiuto è una provocazione?
R: Certo, è una provocazione. È una provocazione avanzata da un collettivo di artisti; l’arte contemporanea mi sembra sia sempre provocatoria e mi sembra che provocatori ne siano gli effetti. La provocazione e lo scandalo sono nella natura dell’arte contemporane che, facendo scandalo, rivela delle potenzialità, fa esplodere delle contraddizioni e le rende produttive, creative, generative.
D: E’ una fotografia di un’Italia poco virtuosa, un’azione rivolta solo all’opinione pubblica o anche alle amministrazioni?
R: Penso che il messaggio al mondo politico sia un effetto collaterale. Un partito con un certo tipo di obiettivi avrebbe potuto (e forse dovuto) organizzare questo archivio di opere incompiute, invece l’hanno fatto degli artisti quindi il significato politico dell’operazione è, in un certo senso, più forte, perché non strumentale, ma anche più generale. Secondo me, non è un’operazione rivolta agli amministratori e neppure ai cittadini, ma è un messaggio per chi lo vuole cogliere, come è giusto che sia per l’operazione artistica che è sempre un atto necessariamente disfunzionale, per tutti e per nessuno. Quindi Incompiuto siciliano lancia un messaggio svincolato da obiettivi immediati, e ovviamente maggiore è il numero di persone che è in grado di riceverlo e più il messaggio ha peso e importanza. E il lavoro di Alterazioni sull’Incompiuto ha avuto echi all’università, sul piano politico, sul piano dell’opinione pubblica, della stampa, etc. etc.
D: Dal punto di vista del paesaggio che cosa succede? Non è un ribaltamento dei canoni estetici e architettonici a cui siamo legati?
R: Non saprei, credo che la questione dell’abitudine sia molto relativa, ognuno ha i suoi paradigmi culturali. Tendenzialmente, per me il punto di vista estetico non esiste; esiste invece il punto di vista progettuale, cioè azioni come questa sono interessanti e importanti nel momento in cui annunciano una dimensione progettuale e il lavoro di Alterazioni Video è importante perché è pre-progettuale. E’ qualcosa che trasferisce questi oggetti, questi luoghi, questi paesaggi da una situazione contemplativa a una situazione operativa, li rimette in campo e quindi, in un certo senso, la loro operazione chiede un progetto e questa è la cosa importante. Penso che la dimensione estetica sia molto pericolosa, penso che sia un terreno scivoloso.
D: Nel manifesto dell’Incompiuto si parla di monumento, il termine non viene usato in senso improprio, in questo contesto?
R: Oggi il monumento può esistere solo in negativo, come memoria, reperto, residuo di atti ed eventi che appartengono alla sfera del tragico (credo che la centrale nucleare di Chernobyl, in abbandono, potebbe essere il massimo monumento del secolo passato). Le opere incompiute sono dei condensatori di memorie proprio in quanto progetti non conclusi e, in quanto effetti di un processo distorto, hanno un valore di monito, di memoria, e impediscono che fatti decisamente indegni di un paese civile scompaiano nell’abitudine e nel disinteresse.
L’altra questione indubbia è quella che Alterazioni Video chiama la questione archeologica, cioè quel carattere che si manifesta quando un’architettura - e questo vale sempre - esce dalla dimensione funzionale oppure, in certi casi più frequenti di quanto si possa immaginare, non vi entra neppure.
D: Il problema, rispetto all’archeologia industriale, è proprio questo, che queste architetture non sono mai entrate in uso, l’uomo non se ne è mai appropriato per le funzioni che erano state assegnate loro.
R: E’ esatto e tutto questo le rende delle architetture al cubo, cioè appartengono a quella classe di edifici che, passando direttamente dalla fase della costruzione alla fase della decostruzione, sono delle iper-architetture, oggetti e luoghi che parlano solo di architettura perché non gli è mai stata data la vita che deriva dall’uso, dalla presenza delle persone. Perciò sono dei monumenti, qualcosa che non appartiene al flusso quotidiano della vita ma ne sta ai margini e acquista, per qualche ragione, un significato particolare.
D: È un esperimento o comunque una manifestazione collettiva che avrà delle ricadute anche su altri ambiti? Può essere un esempio virtuoso per il Sud Italia dove comunque, oltre la Sicilia, la densità delle opere incompiute è notevole?
R: Si e no; anche questo sarebbe uno degli effetti collaterali forse auspicabili ma non credo che faccia parte del progetto; anche, se forse è nelle intenzioni di Alterazioni Video, che pensano di poter innescare un processo che poi si dissemina in altri luoghi e in altre città, e questo certamente è possibile. Però è anche vero che l’operazione è forte nel momento in cui è singolare, cioè nel momento in cui ha una sua unità di tempo e di luogo per cui non so quanto possa essere ripetibile; è evidente che è un’opera di sensibilizzazione rispetto al problema ma non è facile il passaggio dall’evento alla messa in campo di una metodologia e all’archivio. C’è l’aspetto della sensibilizzazione e della presa di coscienza civile di uno spreco, di un malcostume, di una mala politica, e in più c’è l’idea di immaginare un dispositivo logico che investe dei luoghi negativi, derelitti, e ne prefigura la trasformazione in modo creativo e originale.
D: Abbiamo parlato di questo fenomeno dal punto di vista artistico, architettonico, estetico, ora vorrei parlare del rapporto tra artificiale e naturale, tra il territorio e questi oggetti abbandonati che, a volte, contribuiscono a creare una sorta di paesaggio lunare, alieno. Quale può essere il rapporto tra il naturale e l’artificiale in questi casi?
R: In questi casi, dovendo generalizzare, il rapporto con la natura sta all’interno dell’edificio, cioè nel degrado della struttura. Nel momento in cui un edificio si degrada, in quello stato di abbandono prolungato si viene a stabilire un nuovo rapporto, molto intenso e molto specifico, con la natura, attraverso gli agenti atmosferici e la vegetazione che generalmente lo invade e contribuisce in modo significativo a distruggerlo. Quindi, dentro l’architettura le componenti naturali svolgono un ruolo molto importante. Questo è molto interessante perché è una rappresentazione del nostro rapporto dinamico con gli agenti naturali ed è una rappresentazione anche del rapporto tra la vita e la morte perché l’edificio, in questi casi rappresenta la morte, il residuo inerte di un pensiero costruttivo e funzionale decaduto, e la natura rappresenta la forza viva che, manomettendo e trasformando l’edificio se ne appropria e genera, in modo paradossale e con la complicità del caso, nuove immagini, nuovi spazi, nuove qualità architettoniche.