3/12/2011

Cedric Price / On Demand



Francesco Trovato, responsabile della casa editrice LetteraVentidue"Abbiamo un libro su Cedric Price di cui abbiamo acquistato i diritti, fatto la traduzione e impaginato tutto. Ci serve un sostegno per la stampa e stiamo cercando di fare una prevendita al 50% delle copie attraverso il sito Produzioni dal Basso".
Ecco il link del progetto, su cui si trovano tutti i dettagli del libro e le modalità di pre-acquisto:


Introduzione

di Rem Koolhaas

Nessuno ha cambiato l’architettura di più e con meno mezzi di Cedric Price che, utilizzando epigrammi lapidari, disegni scheletrici e un genio polemico capace di mobilitare il reale contro le pretese di una professione ancora sorprendentemente megalomane, ha modificato il terreno dell’architettura. Come una sorta di puritano Oscar Wilde, negli anni ’60 Price utilizzava il ridicolo e lo humour con effetti devastanti per smantellare una dopo l’altra le ambizioni più sacre di una professione incontestata.

Gli Smithson, Venturi/Scott Brown e Price, tutti radicati a Londra negli anni ’50, erano accomunati da un’audace attrazione per l’ordinario. Per tutti la realtà della città diventava un’Utopia surrogata: la loro incapacità speculativa consentiva un’attenzione microscopica, e per l’architettura rivoluzionaria, al reale, al rozzo e al brutto.
I Venturi speravano di scoprire nel linguaggio vernacolare commerciale un’energia che potesse rianimare l’architettura. Price voleva ridimensionare l’architettura al punto da renderla indistinguibile dall’ordinario. La sua critica era tanto più devastante perché costruita, nel profondo, su sensibilità condivise – un nucleo liquido di socialismo – al quale era consentito di apparire solo in forma ‘dandificata’: ironia, sarcasmo, caparbietà, pragmatismo intransigente che talvolta rasentava il filisteo. 
Price fece strage dell’impalcatura di illusioni che l’architettura ancora nutriva negli anni ’50 e ’60. Ironicamente la sua terra bruciata si è trasformata nei fertili campi di un trionfo anglo-sassone tuttora in corso; Archigram, Rogers, Foster, Alsop…
Esistono in ogni disciplina costruttori e distruttori – l’attenzione si accentra sui primi ma, in realtà, è la seconda, più rara, categoria a risultare probabilmente più essenziale per il futuro. Price è un distruttore. Sfortunatamente il suo trionfo non è visibile in termini di produzione tangibile; la forza del suo ridicolo ha funzionato da profilattico, valutabile nella misura di quanto peggio avrebbero potuto andare le cose.
La passione di Price per la cruda bruttezza del quotidiano gli ha impedito di sfruttare il filone che aveva scoperto. Le sue poche realizzazioni erano al contempo affascinanti e repellenti – paradosso estremo di un genio che si auto-cancellava dal copione diventando indistinguibile dalla realtà; il suo unico marchio era il marchio di Caino.
Per un periodo Price ha messo l’architettura alle corde; sotto di lui, dopo di lui, nessun architetto ha potuto assecondarne impunemente lo status precedente. La professione non poteva riconquistare la propria aura sulla base di una performance che Price aveva smascherato come stantia e demoralizzata.
Fino ai primi anni ’70 pareva che Price avesse immobilizzato l’architettura, che l’avesse messa al tappeto. Come poteva immaginare che la sua mitologia millenaria sarebbe stata tratta in salvo dal gas esilarante dell’economia di mercato e dalla cura per la fertilità del post-modernismo che negli anni ’80 ha conferito all’architettura il glamour e la vitalità della merce? Le sue caratteristiche più dubbie – forma, spazio, simbolo – sono resuscitate in un festival postmoderno di rilevanza nel quale la voce di Price ha improvvisamente assunto il ruolo dell’orco, del guastafeste.
Nel momento in cui era pronto ad assestare il colpo di grazia, la bestia dell’architettura si è rialzata allontanandosi come se nulla fosse, per poi entrare in uno stadio affollato e tornare in una nuova farsa di finto eroismo. Rogers, Foster, Archigram, un tempo tutti devoti all’assenza di forma di Cedric, producono oggi ‘forme’ tanto più evidenti per il loro candore non educato, non collaudato.


(Voliera dello Zoo di Londra)